Noi, gli ultrà dei vegetariani. Mai carne e uova. E niente lana

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Sui maccheroni non sembra che vogliano fare economia. Almeno a giudicare dalle dimensioni dello scolapasta, che sono ragguardevoli. Sopra, però, niente formaggio grattugiato; perché stasera qui si mangia vegan. Cioè vegetariano con qualche cosa in più. O in meno. Dipende dalla prospettiva. Osservando la questione da un punto di vista solo alimentare, usare il segno meno è giusto, visto che i vegan, oltre che carni e pesce, non consumano nemmeno latticini, uova o miele.
Insomma, mettono al bando tutto ciò che ha origine animale. Però, parlare solo di una dieta sarebbe riduttivo: c’è di più. Vegan può essere una filosofia che investe molti aspetti dello stare al mondo. Così, applicando i due principi del rispetto per la vita e del rifiuto di usare in qualche modo gli animali (non solo di mangiarli o maltrattarli), si può arrivare a rinunciare a golf di lana, abiti di pelle, gite a cavallo, cosmetici e persino medicine testate su cavie da laboratorio. I livelli di impegno sono vari.
Oggi a Torino si apre il primo festival vegan mai organizzato in Europa. Lo ospita uno spazio aperto a pochi passi da Torino Esposizioni, parco del Valentino. Piercarlo Paderno, 25 anni, è l’anima dell’iniziativa. Dice che i vegan crescono. Nel mondo e anche in Italia. Sostiene, soprattutto, che molti vegetariani stanno diventando vegan. «Banalizzando: dipende da che tipo di scelta c’è alla base del non mangiare carne. Se lo fai solo da salutista no, ma se invece le tue ragioni sono etiche allora è facile che diventi vegan». Tu veramente non prendi medicine? «Da quando sono Vegan, 4 anni e mezzo, no. Anche perché sto bene, non mi ammalo mai. Poi, oggi, ti dico anche che non le prenderei nemmeno in caso di tumore, ma se mi viene per davvero se ne riparla. Sia chiaro, non critico nessuno che prende medicine». Piercarlo è un vegan tollerante. Ci sono anche i fondamentalisti. «Ragazze che avrebbero schifo a baciare un uomo che ha mangiato carne… magari una settimana prima». Gente che chiama i carnivori «necrofagi». «Ma così allontani le persone e invece questo Festival vuole essere un modo per trovarci fra di noi ma anche farci conoscere da chi non è vegetariano. Siamo certi che molti si alimentano male per ignoranza o pigrizia». Stime delle presenze non se ne fanno. Per pubblicizzare l’evento hanno usato il passaparola – i vegan spesso si conoscono tra loro – e poi la mailing list, con 5 mila iscritti, di un sito di campagne animaliste ( www.agireora.org ).
Tipicamente, molti vegan sono animalisti. Di quelli che fanno campagne contro la vivisezione, gli allevamenti intensivi e si preoccupano dei bufalini, i figli delle bufale. «Vengono lasciati morire di fame – attacca Rossana Vallino, un’altra organizzatrice – perché il latte delle madri serve per le mozzarelle». Per essere coerenti se riescono a fare interrompere una ricerca adottano conigli e topi da laboratorio rimasti senzatetto. «Ogni due mesi – dice Piercarlo – ti ritrovi con tre o 400 topolini da affidare. Ti danno affetto come un cane». Un’altra cosa: i vegan di solito non acquistano animali. Non ammettono l’idea che vengano allevati e poi venduti. Ma nulla gli impedisce di raccoglierne uno per la strada e di salvarlo. A quel punto i due si faranno compagnia. Da pari a pari. I vegan infatti sono anche «antispecisti», contro le distinzioni di valore fra tutte le specie animali, incluso l’uomo. Su una tipica t-shirt vegan ci sono da una parte un pugno chiuso e dall’altra una zampa, pare di cane – chiusa anche lei, e poi due scritte: «animal liberation, human liberation». Parlando con Piercarlo vengono fuori varie curiosità. I primi vegetariani della storia? «Pitagora per l’Occidente e Siddharta per l’Oriente». Sai chi è vegan? «Quasi tutti i gruppi punk hard-core (chitarre e urla, ndr ), che spesso cantano pure testi animalisti». E ancora: pare ci siano molti vegan tra gli anarchici. «Perché se sei contro le gerarchie tra gli uomini, non ti piacciono nemmeno quelle tra animali e uomo». Infine, tornando al cibo: «Vegetariano deriva dal latino vegetus, che vuole dire “forte, sano, che sta bene”. Lo dico perché tanti pensano, guarda quei poveretti di quante cose fanno a meno. E invece noi mangiamo bene. Soprattutto, la nostra cucina è per tutti; include, non esclude».
[dal Corriere della Sera del 19 settembre 2003 -Mario Porqueddu]

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