Nuove tendenze: i vegetariani part time

Categoria : Lifestyle

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Il segreto per riuscire ad essere vegetariani per anni ed anni? Mangiare carne.Negli Stati Uniti si definiscono vegetariani part-time, oppure “flexitarians” (giudicata la parola più utile del 2003 dall’American Dialect Society) coloro che sono a conoscenza degli indiscutibili benefici per la salute di una dieta che abbia alla base alimenti di origine vegetale, ma che non fanno del regime alimentare vegetariano un dogma da osservare in maniera eccessivamente rigida. Le motivazioni dei vegetariani part-time hanno, dunque, meno a che fare con la sensibilità per i diritti degli animali, e molto di più con i dati della ricerca scientifica medica che non fanno che confermare il danno che alla salute si reca seguendo una dieta troppo ricca di grassi animali.
La moda del vegetariano fondamentalista, durata un decennio, lascia dunque spazio ad un nuovo modo di intendere l’alimentazione, che l’industria alimentare non sta tardando a seguire, così come è accaduto con la chiacchieratissima “low-carb diet”.
Il vegetariano part-time non è ipocrita. Ammette che nella realtà preferirebbe una succulenta salsiccia all’insalatona, ma si consola con quelli che l’industria alimentare americana ha battezzato “vegetarian friendly foods”, cioè alimenti di origine vegetale ma che cercano di imitare la carne nell’aspetto e nel sapore. L’hamburger vegetale o alla soya ha dunque fatto capolino nei negozi ma anche nei ristoranti fast-food.
Negli Usa la quota di adulti vegetariani, intesi come coloro che non mangiano carne e pesce, è valutata attorno al 3%, circa 5,7 milioni di persone.
C’è da credere però che il successo di prodotti come l’hamburger vegetale sia da attribuire ai “flexitarians” più che ai vegetariani.
I vegetariani classici non entrerebbero mai in un fast-food, dice Charles Stahler, co-director del Baltimore-based Vegetarian Resource Group, anche se sapesse che lì può trovare un hamburger vegetale.
Stahler valuta nel 30 – 40% per cento della popolazione la quota di coloro che, almeno occasionalmente cercano pasti vegetariani.
Suzanne Havala Hobbs, dietista dell’University of North Carolina a Chapel Hill, attribuisce il successo lo sviluppo del “flexitarianismo” alla maggiore sensibilità acquisita dal popolo americano verso la comprensione del legame tra lo stato di salute e l’alimentazione. Si è fatta largo l’idea che, vegetariani o meno, è meglio ridurre la dipendenza dalla carne.
Si assiste ad un fenomeno particolare: l’attenzione crescente verso riviste, negozi, prodotti che sono all’insegna del vegetale e del vegetariano da parte di persone che vegetariane non lo sono affatto, ma che sono attratte dall’idea di rendere la propria dieta più salutare.
Insomma, anche il mercato sta capendo che va assecondata una tendenza, una nuova sensibilità, ma non la versione integrale di un dogma, anche perché i vegetariani part-time possono essere una fetta di popolazione molto più grande da conquistare rispetto ai vegetariani radicali.
Non è un caso che persino il più rigoroso dei gruppi vegetariani giudichi positiva la nuova tendenza dei “flexitarian”.
Bruce Friedrich, portavoce di Norfolk, un gruppo che lotta per il trattamento etico degli animali, pragmaticamente afferma che avere 2 persone in più che dimezzano il consumo di carne equivale ad avere un vegetariano in più.
[da italiasalute.it]

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