Lo spreco derivante dagli allevamenti animali ha un impatto ancora peggiore dell’attuale siccità

Categoria : Ambiente ed ecologia

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allevamentiSpostare i propri consumi dai cibi animali ai cibi vegetali è la mossa più responsabile e saggia che possiamo fare: non ci porta alcuno svantaggio, nemmeno dal punto di vista più superficiale della soddisfazione del palato, perché la varietà di piatti che possiamo preparare a base di ingredienti vegetali è la stessa, anzi, è ancora maggiore, dato che nelle abitudini comuni ormai si utilizza una ben ristretta quantità di ingredienti. In compenso, otteniamo innumerevoli vantaggi: riduciamo (fino al 90%, per un’alimentazione 100% vegetale) lo spreco di risorse, l’impatto sull’ambiente causato dalla produzione alimentare (effetto serra compreso), l’insorgere delle malattie degenerative (maggior causa di morte e invalidità nei paesi industrializzati). E in ultimo, ma non certo per importanza, evitiamo la sofferenza estrema e l’uccisione di milioni di esseri senzienti oggi usati come macchine: gli animali negli allevamenti.

Si parla molto in queste settimane della siccità che ha colpito gran parte del mondo, soprattutto gli USA (la cui produzione di mais ammonta al 50% del totale di questo cereale disponibile sui mercati mondiali), ma anche l’Italia. Un fenomeno che, giustamente, desta preoccupazione.
Per fortuna la siccità non ha colpito i raccolti di riso, il cereale che sfama la gran parte delle popolazione mondiale.

Val la pena, in questo scenario, fare una riflessione su un aspetto che pochi conoscono o al quale dedicano considerazione: la siccità sarà certamente un grave danno per gli agricoltori, che perderanno i loro guadagni (ma saranno rimborsati dai sussidi), ma non mette certo in pericolo la sopravvivenza delle persone.

Infatti, un dato importante da considerare è che i raccolti più colpiti (mais, frumento, soia) vanno solo in piccola parte a nutrire gli esseri umani, ma vanno invece in gran parte a nutrire gli animali d’allevamento, di ogni specie. La metà dei cereali coltivati nel mondo e il 90% della soia servono a fare mangimi per gli animali, non a nutrire le persone.

Considerando che, mediamente, per ottenere 1 kg di carne servono 15 kg di vegetali forniti agli animali come mangime, risulta ben chiaro lo spreco enorme di risorse causato dalla produzione di carne (compreso il pesce), latticini e uova, tutti prodotti derivanti dall’allevamento di animali.

Con la stessa quantità di risorse si possono nutrire circa 10 persone che si nutrono direttamente di vegetali oppure una sola che basa la sua alimentazione su carne, pesce, latte e uova. Appare chiaro dunque quale sia la scelta più sostenbile, corretta, logica e intelligente.

La siccità è un problema, certo, ma lo spreco derivante dagli allevamenti animali è un problema ben peggiore, che è costantemente presente ed è globalmente in crescita di anno in anno.

Inoltre, senza le coltivazioni richieste dagli allevamenti, la quantità di vegetali necessaria sarebbe circa un decimo rispetto all’attuale, il che ridurrebbe di molto il problema stesso della siccità e comporterebbe anche un uso più razionale e sostenibile dei terreni: le coltivazioni per il diretto consumo umano non avrebbero bisogno di un’agricoltura intensiva spinta, e si eviterebbe così l’impoverimento del terreno e il ricorso a fertilizzanti chimici.

Gli esseri umani hanno solo da guadagnare nel consumo diretto di cereali e legumi (tra cui la soia, ma soprattutto tutti gli altri legumi) anziché passare attraverso la “trasformazione” da cibo vegetale ad animale. Questa trasformazione viene realizzata sfruttando gli animali come “fabbriche di proteine alla rovescia”: alla rovescia perché vengono nutriti con cibi che hanno un certo contenuto di proteine e ne “restituiscono” una quantità molto minore in forma di carne, latte e uova. In compenso, questi “cibi” contengono una serie di sostanze dannose per la salute umana che i vegetali non contengono proprio (in primis i grassi saturi), e mancano di vari nutrienti salutari che i vegetali invece contengono: fibra, vitamine, sostanze antiossidanti.

Sarebbe dunque giusto che gli eventuali rincari dei prezzi del cibo dovuti alla siccità colpissero soltanto i cibi animali, gli unici colpevoli di questo assurdo spreco di cibo e risorse (acqua, energia, terreno). La carne, pur se decisamente più costosa di cereali e legumi, ad oggi ha un costo troppo basso per il consumatore, un costo che viene pagato però dalla collettività attraverso le tasse (perché gli allevamenti e le coltivazioni di mangimi per animali sono pesantemente sostenuti da sussidi pubblici) e il carico dei danni ambientali causati.

Fonte:
http://www.nutritionecology.org/it/news/news_dett.php?id=1312

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