E' meglio rinunciare agli indumenti di lana?

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Spesso ci si chiede cosa ci sia di male nella lana. E’ comune credere che come le mucche producono latte per donarlo con gioia all’uomo, così le pecore sono ricoperte da un folto mantello di lana affinché gli esseri umani possano goderne.

E’ evidente ai nostri occhi che si tratta di un atteggiamento cinicamente antropocentrista. Sembra inutile spiegare le ragioni secondo le quali noi crediamo nell’assurdità di queste fantasie. Gli esseri animali non sono stati creati perché gli esseri umani li potessero sfruttare, così come i neri non esistono per essere usati dai bianchi, né le donne dagli uomini (Alice Walker, prefazione a The Dreaded Comparison: Human and Animal Slavery, 1988). Le mucche non producono latte per la nostra alimentazione e le pecore non sono ricoperte di lana per i nostri maglioni. Una semplice descrizione di ciò che si nasconde dietro il morbido tepore di una sciarpa o di un paio di guanti di lana dovrebbe essere sufficiente per rendersi conto dell’immoralità di questo tessuto. Le pecore che conosciamo discendono da antiche pecore di montagna che ancora oggi vivono in alcuni remoti angoli del mondo. In natura questi animali sono avvolti da un mantello adatto al clima del loro habitat, ma questa quantità ideale per loro, è ovviamente poco vantaggiosa per gli uomini. Di conseguenza anche le pecore hanno subito gli effetti di un allevamento che mira alla selezione genetica dei tratti migliori. Per l’uomo. Le pecore allevate ai giorni nostri sono ricoperte da una massa di lana pari spesso a metà del loro peso totale: dolci animali trasformati in sofferenti mostruosità produttrici di lana. Gli allevamenti più importanti si trovano in Australia e in Sud America, luoghi dove le escursioni termiche possono essere notevoli. Un’alta percentuale della lana prodotta al mondo viene esportata proprio dall’Australia, qui durante l’estate le pecore patiscono pene incredibili a causa del caldo, mentre in inverno vengono uccise dal freddo in seguito alla tosatura, secondo alcuni dati ne muoiono oltre un milione ogni anno. La specie più apprezzata perché più produttiva èla merinos. La pelle delle pecore merinos, dopo attenti processi di selezione, è stata resa estremamente grinzosa, questa condizione dal punto di vista degli allevatori può essere considerata un pregio indiscutibile, ma la stessa, vista attraverso gli occhi delle pecore, assume tonalità ben diverse. Durante l’estate le pieghe della pelle diventano dei nidi ideali per le larve delle mosche: esse vi trovano infatti un ambiente perfetto grazie al calore ed al sudore dell’animale. Gli allevatori, non certo mossi da compassione per le sofferenze delle pecore, bensì preoccupati per le ripercussioni economiche, hanno comunque scoperto una soluzione “geniale” al problema da loro stessi creato. Il termine inglese per descriverla è “mulesing”: si tratta di un’operazione da eseguire rigorosamente senza anestesia (si sa, costa troppo…) che consiste nell’asportare lembi di carne dalla zona circostante l’ano, in questo modo la pelle si distende sul corpo dell’animale. Alle pecore rimangono delle dolorosissime ferite sanguinanti, ma almeno il problema delle mosche è risolto! O per lo meno lo èmomentaneamente, poiché a volte gli insetti riescono a deporre le uova all’interno della ferita prima che questa si sia rimarginata. Un altro aspetto da considerare riguarda i metodi di allevamento. Ancora una volta piuttosto che guardare nei dolci occhi dell’animale si preferisce guardare nel confortante grigio (o verde, se preferite i dollari) del portafoglio. La tosatura viene eseguita da personale pagato in base alla quantità di lana tosata. Ciò comporta che questa operazione viene eseguita nel modo più veloce possibile: la rapidità vale molto più dell’accuratezza. E’ inevitabile che così facendo le pecore vengano trattate senza la minima attenzione, ed ancora una volta soffriranno innumerevoli contusioni e ferite. Inoltre, sempre a causa dell’inadeguatezza del personale rispetto all’enorme numero di animali riuniti nelle greggi, ogni anno, solo in Australia, muoiono soffocati e schiacciati dalle altre pecore circa dieci milioni di agnelli dopo pochi giorni dalla nascita. Chi segue uno stile di vita che rispetta ogni essere vivente non utilizza prodotti in lana né realizzati con altri materiali ottenuti dagli animali. Le alternative alla lana sono numerose e di facile reperibilità (acrilico, pile, alcantara, gore-tex…). Il problema che si presenta di solito a chi sceglie di diventare vegan è cosa fare con quanto già possiede. Alcuni ritengono sia necessario smettere di indossare maglioni, vestiti, guanti, ecc. frutto di orribili crudeltà. La loro scelta èquindi quella di sbarazzarsi di tutti questi capi di abbigliamento. Una scelta ammirabile soprattutto se si donano questi articoli a chi ne può aver bisogno, ad esempio ad associazioni che raccolgono beni per i senza tetto o persone bisognose. Ma decidere di rinnovare completamente il proprio guardaroba può non essere facile per chi non dispone dei mezzi economici sufficienti. In questo caso la strada migliore da percorrere sembra essere utilizzare gli indumenti che già si possiedono ! sostituendoli gradualmente con dei nuovi realizzati nel rispetto di ogni forma di vita.

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