Mucca Pazza: ancora casi in Italia

Categoria : Mucca Pazza & Co.

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Primo. TREVIGNANO. Dal laboratorio di Torino è arrivata la conferma: la mucca dell’allevamento Gallina di Trevignano (Treviso), posta sotto sequestro la scorsa settimana perchè il primo test indicava la «non negatività», era effettivemente affetta del morbo della mucca pazza.
Il responso è arrivato ieri e oggi si procederà all’abbattimento di altre due bestie dell’allevamento.
La norma prescrive infatti che, oltre alla distruzione della carcassa della bestia ammalata, vengano abbattute e distrutte le bestie nate in quella stalla un anno prima e un anno dopo la data di nascita della mucca affetta dalla BSE e i vitelli nati da questa negli ultimi due anni. In questa situazione nell’azienda di Trevignano sono una vacca in vita e l’unico vitello partorito negli ultimi due anni, tanto che la vendita della bestia era stata decisa proprio per la sua infertilità. I veterinari dell’Usl 8 procederanno questa mattina all’operazione di abbattimento. Ma da dove può aver preso la malattia la mucca dell’allevamento Gallina? Un mistero. A quanto pare non c’entrano mangimi fatti con farine animali, la causa deve essere stata un’altra. «L’azienda ha fatto il primo acquisto di mangimi nel dicembre del 2000 – spiega il dottor De Rui, del servizio veterinario dell’Usl 8 – quindi non possono essere ritenuti responsabili i mangimi. La teoria più accreditata finora è stato l’uso di mangimi contaminati dal prione, ma sicuramente, e deve essere il caso della mucca in questione, ci devono essere anche altre cause che conosceremo con gli anni». Per l’allevamento Gallina è una mazzata, anche se non ha colpe di sorta. «L’azienda – aggiunge il dottor De Rui – ha tutti i documenti sanitari in ordine, ha tutta la documentazione sia dell’acquisto di alimenti che dei registri di stalla a posto e questo ci ha consentito di ricostruire con facilità la storia di questa bestia. Non ci sono rischi per i consumatori, perché i controlli sono costanti e meticolosi e non c’è una bestia che rientri nel periodo a rischio che non venga sottoposta ad analisi prima che la sua carne sia immessa sul mercato». E così è stato anche per la mucca dell’allevamento Gallina, mandata a macellare nell’impianto Visentin a Volpago. Una volta macellata, i prelievi sono andati a Padova per il primo test. La carne è stata messa sotto sequestro in attesa della risposta da Padova prima e del responso definitivo da Torino poi.

[da La Tribuna di Treviso del 9 novembre 2002]

Secondo. CARBONARA. E’ stato confermato anche il quinto caso di mucca pazza nel Mantovano. Il Ministero della Salute ha comunicato ieri che l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Torino, Centro di Referenza Nazionale per la Bse, ha riscontrato la positività ai test sulla frisona di sei anni, proveniente dall’allevamento Capuci di Carbonara Po. I titolari dell’azienda, i fratelli Francesco e Tiziano, hanno già scelto l’abbattimento totale dei 250 capi, programmato per mercoledì e giovedì prossimi.
Non è stata una sorpresa, dato che difficilmente le prime analisi sbagliano.
La scoperta era stata fatta dopo il primo controllo sulla vacca da latte di razza frisona, che era stata portata al Macello Cooperativo di Pegognaga perché a fine carriera.
I titolari dell’impresa di via Arginino – 250 capi di bestiame, di cui 120 vacche da latte, una delle più grandi e più moderne della zona – fermi da una settimana con la produzione di latte, appena ricevuta la notizia hanno optato per l’abbattimento totale (e non il selettivo, cioè solo dei capi appartenenti alla coorte della vacca) e di questo hanno immediatamente informato l’Asl.
I servizi veterinari, a loro volta, hanno programmato la macellazione dei capi: 100 mercoledì e 150 giovedì in un macello alle porte della città. Le carcasse poi verranno distrutte. Così i Capuci, che gestiscono il grande allevamento a livello famigliare (ci lavorano Francesco e Tiziano con i figli Fabrizio, Alessandro e Cristian), ora dovranno ricominciare tutto da capo, sperando che i risarcimenti dell’Unione Europea arrivino velocemente.
Con amarezza, per il lavoro di anni buttato al vento, ma con orgoglio e voglia di ricominciare al più presto, commenta la notizia uno dei due titolari, Francesco Capuci: «Grazie al lavoro di tutti quanti noi, ma in particolare di mio nipote Alessandro, laureato in Veterinaria, che proprio per passione aveva deciso di dedicarsi all’impresa di famiglia, eravamo riusciti a creare un’ottima genetica nell’allevamento. Non pensavamo potesse succedere una cosa del genere. A questo, però, abbiamo preferito l’abbattimento completo, perché poi nessuno più vorrà ritirare il nostro latte. E’ meglio ripartire da zero».
Come è già stato dimostrato in altre occasioni, la malattia può essere contratta da un animale in modo naturale, non necessariamente il contagio avviene per ingestione di alimenti nocivi. Ed è probabilmente quest’ultimo caso di Carbonara.

[da La Gazzetta di Mantova del 9 novembre 2002]

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