Vegfobia: il manuale del carnivoro

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Pomeriggio assolato in rumorosa “città d’arte”, marciapiede turistico e caldo, zac, svolta repentina tra le fotocellule che aprono il piccolo eden di una fresca libreria condizionata dagli ampi spazi e comodi posti-lettura a ufo.Chi scrive ci entra per trascorrere una mezzora surfando tra la carta stampata invece che tra i pixel. E, quale sezione più rinfrescante di quella di cucina vegetariana, che cresce colorata ogni giorno in abilità, approfondimenti e specializzazioni? E occupa scaffali e posti nel display acchiappaclienti.. forse troppi……forse troppi…avrà pensato qualcuno.
Ed eccolo lì, emergere tra le ricette tradizionali….con quel faccione ammiccante dalla copertina – chi sarà? Non certo l’iconografia classica del mangiaerba come ce lo propone l’operetta morale in questione, quindi è lui, il sorridente meateater, che ama i piaceri della vita!! è lui ..il nostro carnivorone!
Dalla collana Scienze, dell’editore suo, il baldo giovane dallo sguardo sulle ventitré è in servizio straordinario anti & riacchiappa veg sul banco culinario. La pulzella che ha compilato il manualetto sarà una novella Giovanna?
Il retrocopertina già serve a far gonfiare il tronfio petto erbivoro: il solo vedersi definiti “una sorta di dittatura morale” arricchisce gratis l’ego di ognuno di noi. Certo non credevamo di avere tanto potere! Poi le solite cose: la carne è digeribilissima (che scoperta! Complimenti) e il nostro organismo è perfettamente in grado di assimilarla senza intossicarsi (di nuovo, felicitazioni); le religioni tradizionali, soprattutto quelle orientali, autorizzano tranquillamente il consumo di carne (anche qui, congratulazioni); gli animali da utilità sono sempre esistiti (&, per dirla con un’efficace osservazione animalista evergreen: anche gli schiavi umani sono sempre esistiti, e le donne votano – da noi – dall’altro ieri).
Senza pretendere di contro-argomentare alle sparate, per fortuna il “grande” movimento pullula di argomentatori e confutatori certosini, mi permetto solo un paio di osservazioni ed esempi del tono. Il target del libello: ragazzi che evidentemente sono giudicati facili prede dei verdoni. ”Non avete ancora fame,  del resto è appena mezzogiorno,  e così, in assenza di una canna da rollare che vi possa indurre ad una micidiale fame chimica, pensate bene di cominciare a leggere il libro (..)  scrive l’autrice, strizzatina d’occhio verbale alla giovane mente, linguaggio cool di chi “ha capito come va il mondo”.
E la parte più interessante (grazie signorina, per gli spunti) quella che analizza le strategie mindfucking dei vegetariani. E politicamente corretta: “Se invece avete incontrato la persona giusta, potreste davvero correre il pericolo di cambiare idea e convertirvi al mondo scialbo e insapore delle verdure, sempre che in tasca non abbiate questo libro.” Scialbo e insapore??? Ma dove vive? L’aglio è una verdura &  il peperoncino pure. Scialbo e insapore? Ma mi faccia il piacere!
E mi chiedo: il senso di colpa che i vegetariani sono tacciati di risvegliare facendo appello alle emozioni, esisterà? Sarà reale? Mah, sarà possibile fare appello a un senso di colpa che non esiste? Di una responsabilità inventata? Se non siamo torturatori di bambini, è impossibile sollecitare in noi un senso di colpa per un’azione del genere. Visto che siamo certi di non averla compiuta.
Comunque, basta passare accanto a un mattatoio: “(…) Io guardavo i maialini e chiedevo, tra me e me, a chi li avrebbe mangiati: Avete mai sentito le grida che vengono da un macello?” ha scritto di recente Tiziano Terzani “Bisognerebbe che ognuno le sentisse, quelle grida, prima di attaccare una bistecchina(…)”. Le ho sentite, da bambina, senza sapere che cosa stesse succedendo, senza sapere che in quella casa colonica ammazzavano i maiali. E tutto un trattato – altisonante e pieno di citazioni dotte – sul diritto alla bistecca, non è riuscito nemmeno ad abbassare di una tacca il volume altissimo della consapevolezza, innata, di non avere affatto tale diritto.
[paola segurini]

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