I’m gotta feeling!

gotta500 mila italiani soffrono di gotta. Un numero elevatissimo, ma destinato a crescere secondo le stime della Società Italiana di Reumatologia diffuse qualche mese fa. L’incidenza della gotta è infatti aumentata in frequenza negli ultimi decenni, e riguarda circa l’1-2% della popolazione occidentale. Non più la malattia che un tempo colpiva solo chi poteva permettersi di mangiare tanto, la cosiddetta Malattia dei Re, oggi interessa soprattutto chi si alimenta in maniera errata. Complici le abitudini diffuse del fast food e del junk food ma anche la diffusione dell’insufficienza renale cronica – caratterizzata dall’aumento di acido urico -, diabete, obesità e il progressivo invecchiamento della popolazione.
La gotta è una malattia del metabolismo caratterizzata da attacchi ricorrenti di artrite infiammatoria acuta con dolore, arrossamento e gonfiore delle articolazioni, causati dal deposito di cristalli di acido urico in presenza di iperuricemia. L’articolazione più frequentemente colpita è, in circa il 50% dei casi, la metatarso-falangea dell’alluce. L’acido urico può inoltre depositarsi nei tendini e nei tessuti circostanti, generando i cosiddetti tofi, anche a livello renale, inducendo la comparsa di nefropatia gottosa. È possibile aiutare il controllo e la riduzione della sintomatologia con una dieta priva (o scarsa) di purine, acidi nucleici che, in caso di gotta, l’organismo non ha la capacità di smaltire in maniera corretta, determinando quell’aumento dell’acido urico nel sangue (iperuricemia) che tende a depositarsi nelle articolazioni.
Il trattamento per ridurre l’acido urico elevato è prettamente alimentare. Fondamentale escludere, in presenza di gotta o iperuricemia, tutti gli alimenti ricchi in purine (contenuti soprattutto in prodotti di origine animale) e limitare gli eccessi proteici.

Stefano Momentè

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