Macello bloccato per un mese
6 dicembre 2002
Violata la legge anti Bse: in vendita carne con la colonna vertebrale. Dopo la segnalazione del Nas, il sindaco ha disposto la chiusura dell’impianto.
Il macello comunale di via del Taglio resterà chiuso per un mese a partire da oggi. Il motivo? Ha venduto carne «proibita»: sette lombate di bovini, tra i cinque e i dieci anni, munite di colonna vertebrale, vietatissima per l’allarme «mucca pazza».
E’ stato il sindaco Elvio Ubaldi, massima autorità sanitaria locale, a disporre il blocco dell’attività. La decisione è stata presa a seguito della segnalazione fatta all’amministrazione comunale dal Nas _ Nucleo anti sofisticazione dei carabinieri _ che ha scoperto, alcune settimane fa, una grave violazione alla normativa europea in materia di sicurezza alimentare.
Un’indagine partita da lontano. Per l’esattezza da un monitoraggio sulla commercializzazione di carni proibite che aveva condotto i militari in alcuni ristoranti emiliani _ non a Parma e provincia _ dove, alla faccia dei divieti, nei menù compariva la «fiorentina», ovvero la bistecca con l’osso messa al bando nel marzo dello scorso anno dalla Commissione europea, su proposta del commissario europeo per la sanità David Byrne. Come si ricorderà, la decisione di eliminare la colonna vertebrale su tutti i bovini di oltre 12 mesi era stata presa a scopi precauzionali dopo i casi di Bse, la malattia all’origine del fenomeno della «mucca pazza». Ebbene, attraverso quelle «costate», i carabinieri del Nas erano risaliti al macello di via del Taglio e avevano trovato conferme ai sospetti.
Provenivano infatti da lì le carni di bovino adulto macellato con ancora la colonna vertebrale attaccata. Procedura vietatissima dalla normativa europea anti-Bse, ma che _ stando alle indagini _ era stata comunque messa in atto all’interno del macello comunale di via del Taglio, riaperto solo pochi mesi fa e gestito da una società privata.
I carabinieri del Nas e gli addetti del servizio veterinario dell’Ausl sono entrati nella struttura proprio per verificare la segnalazione che parlava della vendita di mezzene con l’osso nonostante il divieto imposto dall’Ue fin dall’emergenza di due anni fa legata al morbo della «mucca pazza». Ed erano così emerse le irregolarità proprio nella vendita di parti di animale insieme alla colonna vertebrale.
Le parti di animale erano finite a un consumatore finale (un paio di macellerie e alcuni ristoranti tra Modena e Bologna). Ed è questo che ha determinato il blocco dell’attività del macello comunale. Per legge, la chiusura poteva essere da un minimo di 30 a un massimo di 90 giorni. Perché è stata decisa la sanzione più leggera? In Comune si fa presente che «i controlli sono stati esercitati con scrupolo nonostante il macello sia ora gestito da una società privata e che, comunque, non sono emersi problemi di carattere igienico sanitario sulla carne dei capi “incriminati”».
Ribadisce il vicesindaco Roberto Marchini che ha gestito la vicenda: il caso era emerso in assenza del sindaco Ubaldi, in Brasile per Cibus tour. «Si è optato per i trenta giorni di chiusura anche perché i successivi controlli non avevano evidenziato problemi dal punto di vista igienico-sanitario sulla carne venduta che era risultata perfettamente sana e in regola. E così pure le catene di macellazioni. Ma, allo stesso tempo, va detto che la sanzione era obbligatoria perché era stata violata la normativa».
La normativa in questione riguarda le misure sanitarie di protezione contro le encefalopatie spongiformi trasmissibili. L’articolo due stabilisce: «E’ vietato cedere o somministrare, a qualunque titolo, al consumatore, carne di bovini di età superiore a dodici mesi, di qualunque origine o provenienza, macellati a partire dal 1º aprile 2001, alla quale non sia stata asportata la colonna vertebrale, compresi i gangli spinali; la colonna vertebrale inclusi i gangli spinali, asportata dalle carni di bovini di età superiore ai dodici mesi».
Oltre all’aspetto amministrativo, la vicenda proseguirà anche sul versante penale: i Nas hanno infatti denunciato alla procura della Repubblica tre persone legate al macello, con l’accusa di aver messo in commercio sostanze alimentari nocive. Un reato che prevede una pena che va da un minimo di sei mesi a un massimo di tre anni di reclusione.
[da La Gazzetta di Parma del 6 dicembre 2002]