Un Thanksgiving senza tacchino

tacchinoLo racconta nel suo ultimo libro, Se niente importa (Guanda), anche lo scrittore Jonathan Safran Foer, come si faccia ad eliminare dalla tavola il più tradizionale dei cibi della festa del Thanksgiving. “Ho festeggiato il Giorno del Ringraziamento senza tacchino… È ovvio che smettere di consumare questi cibi in occasione di una festa può apparire come una perdita, ma al posto di ciò che hai eliminato finisci per mettere un valore in più. In questo senso la ‘perdita’ della carne è più che compensata dalla riflessione culturale con cui accompagni questa scelta”.

Nella festa dello scorso anno sono stati circa 46 milioni i tacchini (spesso gonfi fino all’inverosimile) finiti in tavola nel pranzo del quarto giovedì del mese di novembre, ma nello stesso tempo si è anche affermata una tendenza, già evidente nelle abitudini alimentari quotidiane ma abbastanza nuova per una ricorrenza tradizionale (anche nel menù) come la Festa del Ringraziamento, che vuole in aumento coloro che fanno a meno della carne di tacchino, o comunque più in generale fanno i conti con un rapporto differente, e certamente più consapevole, nei confronti della produzione di alimenti di origine animale.

Pur lasciando da parte quanti, vegetariani o vegani, hanno sposato una filosofia di vita che ha nettamente separato le loro strade da quelle delle orde di tacchini in fila per raggiungere le tavole americane, anche il consumatore medio non può non avere presenti oggi come oggi le crudeltà e le contraddizioni che si porta appresso il regime della produzione intensiva.

Ci si vuole convincere del fatto che la carne sia solo quella che arriva sui banconi di supermercati e esercizi alimentari già pronta per essere consumata, ma salta subito all’occhio come non possa essere così. Nelle grandi città, ad esempio, è sempre più difficile trovare qualcuno ancora in possesso delle capacità contadine necessarie a mettere in pentola una gallina che fino a qualche momento prima razzolava nel cortile, a testimonianza di come, in particolare per quel che riguarda la carne, il rapporto tra uomo e cibo si sia nel tempo modificato, creando una distanza che è tutta culturale. Le celebrazioni delle ricchezze di una volta, che accomunano al Ringraziamento molte delle ricorrenze tradizionali nostrane, mettevano in tavola quello che meglio le potesse rappresentare, dai frutti della terra al sacrificio dell’animale che potesse sfamare tutti i convenuti. Oggi che la situazione non è più quella, ecco emergere nuove tendenze, e scelte differenti.

Per i carnivori convinti, un’idea potrebbe essere quella di procacciarsi il tacchino da mettere in forno in uno di quei luoghi che permettono di scegliere l’animale da vivo e di assistere (o addirittura partecipare) al processo di macellazione. Per vegetariani e vegani, ma anche per tutti quelli che proprio non ce la facessero a reggere un’emozione così forte, le soluzioni per rimpiazzare la carne di tacchino ci sono, e spesso senza lesinare sul gusto. Un centrotavola sguarnito del robusto gallinaceo non sembra infatti essere un problema per molti americani, che hanno deciso di mettere le verdure al centro del menù, puntando spesso più sulla creatività che non sulla sicurezza del solco della tradizione. Per quanti volessero in tavola un’alternativa vegetariana alla carne di tacchino la scelta è varia: si va dal Tofurkey Roast, una sorta di simil-tacchino arrosto a base di tofu, fino all’arrosto di seitan ripieno, ma il consiglio migliore resta sempre quello di personalizzare la cucina in base alle proprie preferenze, oppure di lasciarsi ispirare dai tanti chef che oltreoceano stanno sposando un tipo di cucina che non ruoti necessariamente intorno alla carne.

Francesco Benincasa – da lastampa.it del 25 novembre 2010

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