Cadaverina e le altre

cadaverina2Fu il chimico italiano Francesco Selmi a dimostrare per primo nel 1872 che nella carne putrefatta si ritrovano sempre in piccola quantità alcune basi organiche venefiche che presentano le stesse reazioni generali degli alcaloidi. Questi alcaloidi cadaverici furono chiamati ptomaine.
Soltanto di poche è conosciuta la costituzione chimica.
Hanno un odore repellente. Le più note sono la neurina, la putrescina, la cadaverina, la putrina, la saprina, la neuridina, la marcitina, lo scatolo, l’indolo. Esse originano dall’azione dei batteri della putrefazione sulle sostanze proteiche, sui grassi, sugli acidi nucleici degli organismi, dopo la morte dell’animale.
Le ptomaine si producono naturalmente con la frollatura (la fase di stagionatura della carne, nella quale i quarti di macellazione vengono tenuti ad una temperatura compresa fra 0 e 4 gradi centigradi per un periodo che va dai 2 ai 20 giorni), necessaria per intenerire la carne che altrimenti risulterebbe immangiabile a causa dell’irrigidimento dei tessuti muscolari dovuto al rigor mortis.
Le ptomaine sono molto pericolose per l’organismo umano. Possono essere anche mortali. Nemmeno il calore ne annulla l’effetto. Anche a 200 gradi queste terribili sostanze non smettono di essere attive.
L’avvelenamento da ptomaine rientra nel quadro generale dell’avvelenamento da carni guaste. Il quadro fenomenologico è però così caratteristico da doversi staccare dalla sintomatologia comune delle intossicazioni alimentari dominate essenzialmente da sintomi gastroenteritici. In questi casi invece il quadro è affine a quello dell’avvelenamento da atropina. La pupilla è dilatata e rigida, le secrezioni salivare e sudorifera diminuite, o scomparse. Ci sono disfagia (difficoltà di deglutizione) e tachicardia, mentre si accompagnano a questi sintomi nervosi i fenomeni caratteristici della gastroenterite.

Stefano Momentè

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