Dieta e pubertà prematura

telarcaIl telarca (la precoce manifestazione di caratteri tipici della pubertà) è un problema serio, sempre più diffuso tra le bambine. Uno studio pubblicato qualche anno fa sulla rivista Pediatrics, aveva già evidenziato la gravità della questione. Alla cui base c’era la carne agli estrogeni con cui erano stati prodotti gli omogeneizzati.
Secondo questo studio, compiuto negli Stati Uniti, quasi metà delle ragazze nere e 15% di quelle bianche mostravano segni di sviluppo sessuale all’età di otto anni. Per alcune il fenomeno poteva verificarsi anche prima: il 3% delle bambine di colore e l’1% delle bambine bianche, mostravano segni di sviluppo sessuale già all’età di tre anni. Anche un’importante inchiesta condotta dalla Procura di Torino aveva fatto emergere nello stesso periodo il grave fenomeno. Con bambine che vedevano lo sviluppo delle ghiandole mammarie già all’età di due o tre anni. Questo il racconto di una mamma che ha testimoniato nella prima inchiesta (ce n’è una ancora in corso): «La bambina ha smesso di prendere il mio latte nel 2001, a meno di un anno di età. All’inizio le davo solo carne di polli e conigli allevati da mio suocero. Ad aprile, maggio di quest’anno, per comodità, ho provato con gli omogeneizzati di carne bovina. Nel giro di un mese, a giugno, il suo seno ha cominciato a ingrossarsi. Il medico mi ha fatto subito interrompere la carne. Mia figlia è tornata normale. Il medico mi ha allora suggerito di farle mangiare almeno gli omogeneizzati di cavallo, più sicuri perché comunque nell’allevamento di questi animali non si usano ormoni. La bambina ha ripresentato immediatamente un peggioramento». Durante la prima inchiesta di Torino i casi accertati erano stati 49, negli anni 2010-2011, per la seconda inchiesta, i casi riscontrati sono saliti invece a 106. «Io non credo che i casi di telarca ci siano solo a Torino o in Piemonte – sono state le dichiarazioni di Raffaele Guariniello, magistrato titolare delle indagini – Suppongo proprio che non sia una questione ambientale. Quello che capita a Torino credo che si rispecchi in quello che capita anche in tante altre città. La differenza è che qui li cerchiamo, mentre altrove molto spesso rimangono sepolti negli archivi ospedalieri. Nessuno li va a cercare. Tra l’altro è un problema che non sempre viene riscontrato e non tutti vengono fuori. Noi cerchiamo di mantenere un controllo alto per farne venire alla luce il maggior numero possibile».

Stefano Momentè

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